Aprire una partita IVA è una procedura non particolarmente complessa che richiede al massimo qualche minuto. In pratica, basta compilare un modello piuttosto semplice, inviarlo all’Agenzia delle Entrate, e, se non abbiamo sbagliato nessun dato, in qualche minuto avremo un codice di 11 cifre che ci identificherà come un soggetto che svolge un’attività di impresa o di lavoro autonomo.
Per poter aprire una partita IVA, tuttavia, è necessario il possesso anche di alcuni requisiti come:
Accanto a tali requisiti di carattere generale, ci sono alcuni requisiti specifici che riguardano i dipendenti. Occorre distinguere se si tratta di dipendenti pubblici o privati.
Un lavoratore dipendente del settore privato può aprire la partita IVA purché non vi sia concorrenza con l’attività svolta presso l’impresa in cui è assunto e che tale eventualità non sia espressamente vietata dal contratto di lavoro subordinato.
Un lavoratore dipendente del settore pubblico può aprire la partita IVA ed esercitare al di fuori dell’orario di lavoro e non in contrasto con l’interesse della Pubblica Amministrazione, solo nel caso lavori part-time oppure, nel caso in cui sia full-time, se appartiene a determinate categorie quali:
Già a questo punto, la domanda che troppo spesso viene posta è: ma posso aprire una Partita IVA temporanea? La risposta a questa domanda è sempre un secco no! Lo svolgimento di un’attività di impresa o di lavoro autonomo e quindi lo stato di imprenditore presuppone che l’attività produttiva sia svolta secondo tre requisiti: organizzazione, economicità e professionalità. Innanzitutto, si ha un’attività produttiva quando si pone in essere una serie coordinata di atti finalizzati alla produzione o allo scambio di beni e/o servizi. Tale attività deve essere organizzata ossia deve essere svolta sulla base di un’organizzazione dei fattori della produzione quali in capitale ed il lavoro (propri ed altrui). L’esercizio dell’attività deve essere improntato al criterio dell’economicità ossia la capacità (anche solo potenziale) di ottenere una remunerazione dei fattori produttivi. Che l’attività produca o meno un utile o che sia perseguito lo scopo di lucro è irrilevante. Alcuni Enti del Terzo Settore che non perseguono lo scopo di lucro sono muniti di Partita IVA per lo svolgimento di particolari attività che sono regolamentate da un’apposita normativa. Ultima caratterista ed aspetto determinante sul perché non è possibile aprire una “Partita IVA temporanea” è la professionalità. La professionalità implica un esercizio abituale di un’attività produttiva che è diverso da quello di continuità (c.d. lavori “stagionali”) e da quello di esclusività (un soggetto può avere più iniziative imprenditoriali). Se l’attività da svolgere non rispetta questi requisiti, allora si tratta di una prestazione occasionale.
In base al soggetto che esercita l’attività è possibile distinguere tra:
In base al tipo di attività è possibile inoltre distinguere tra:
Se non fosse che nel nostro ordinamento è stata introdotta la Società a Responsabilità Limitata Unipersonale (anche c.d. semplificata) la distinzione in base ai soggetti non sarebbe particolarmente difficile e soprattutto non ci sarebbe un’ulteriore scelta da effettuare per l’attribuzione della Partita IVA.
Per quanto riguarda le imprese individuali, la scelta principale è quella tra libero professionista o ditta individuale. Il libero professionista è un lavoratore autonomo che svolge la propria attività di natura intellettuale per diversi clienti. Identificarsi come libero professionista spesso è semplice dato che per la maggior parte dei casi è necessaria l’iscrizione in un apposito albo per potersi qualificare come tale. In altri casi, non è necessaria l’iscrizione ad un Albo soprattutto per molte attività nate negli ultimi anni che rendono ancora più nebulosa questa scelta. Notai, Ingegneri, Architetti, sono tutti tenuti ad iscriversi alla propria cassa di appartenenza per cui la scelta è facilmente presa. Per un’attività come quella di un fotografo la scelta resta delicata. In questo caso, occorre valutare il concreto svolgimento dell’attività e delle specifiche caratteristiche che la contraddistinguono. Ad esempio, se un fotografo lavora solamente su commissione in occasione di particolari eventi, in questo caso sarà un libero professionista. Se lo stesso soggetto ha anche uno studio per eventuali shooting, per vendere le proprie foto stampate su vari supporti, in questo caso l’attività sarà sempre intellettuale ma sarà incentrata sulla vendita di prodotti e su servizi preimpostati trasformandolo, di fatto, in una ditta individuale commerciale. Se al centro dell’attività c’è un’attività di tipo manuale, saremo in presenza di un’attività di tipo artigianale come quelle di parrucchieri, estetisti, muratori, idraulici, eccetera.
Identificare la tipologia di attività svolta in modo accurato comporta determinati diritti ed obblighi nei confronti dello Stato e dei vari enti con i quali ci si dovrà interfacciare nel corso del tempo. Oltre alle 11 cifre della partita IVA, andrà scelto il codice ATECO che identificherà in maniera univoca l’attività svolta. La scelta di un determinato codice avrà notevoli conseguenze soprattutto sul piano delle imposte, dei contributi e dei costi che possono essere riconosciuti come detrazione dal reddito prodotto. Come anticipato, un imprenditore può prendere parte a più iniziative imprenditoriali per cui è concesso avere fino a sei codici ATECO. Per quanto ampio e dettagliato, il sistema ATECO non sempre riesce ad identificare precisamente le tipologie di attività svolte per cui è necessario individuare quelle più simili possibile all’attività di fatto esercitata. Ultima spiaggia è la descrizione “NCA” ossia attività non classificate altrove.
Da una procedura non particolarmente complessa ancora non abbiamo aperto nessuna Partita IVA. Ipotizziamo di aver capito che siamo imprenditori, siamo liberi professionisti o ditte individuali. Adesso la domanda è: faccio il forfettario?
Al momento i regimi fiscali sono due: il regime forfettario che con la recente riforma è diventato il regime naturale per le nuove attività; il regime ordinario con la tassazione basata su scaglioni di reddito ed aliquote progressive.
Ovviamente, a fronte dei minori adempimenti e da un’aliquota notevolmente inferiore la scelta sembra scontata… Il regime forfettario sconta un’imposta sostitutiva del 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni di attività) mentre il regime ordinario ha il primo scaglione di reddito a 28.000 euro con un’aliquota del 23%.
Certamente, il vantaggio offerto da una minore imposta si rispecchierà anche in una maggiore competitività in merito ai prezzi. La non applicabilità dell’IVA e le minori imposte sul reddito consentono, infatti, di poter praticare prezzi più bassi oppure di lasciare i prezzi in linea con il mercato ed avere margini maggiori. Per poter accedere al regime forfettario sono necessari solamente tre requisiti:
Di contro, accanto a tali vantaggi ci sono delle limitazioni ossia l’impossibilità di detrarre alcun costo all’infuori dei contributi previdenziali. Non permette la deduzione di costi reali né l'accesso a detrazioni fiscali per spese personali (es. spese sanitarie o ristrutturazioni). Di contro, il regime ordinario permette la detrazione di tutte le spese aziendali e l’accesso alle detrazioni fiscali per spese personali, che riducono il carico fiscale complessivo. Nel regime forfettario, non potrai dedurre costi come l’affitto dei locali, per i collaboratori o per le attrezzature in quanto tali costi vengono riconosciuti o meglio sono determinati in modo forfettario sulla base del codice ATECO di appartenenza. Sapere l’importo dei costi riconosciuti indipendente dal loro sostenimento è un aspetto spesso sottovalutato che, se ben gestito, può portare a notevoli vantaggi. Avere dei costi legati alla propria attività inferiori a quelli determinati in via forfettaria consente di generare dei margini superiori e di essere maggiormente competitivi.
La scelta del regime fiscale da adottare dipende non solo dall’ammontare di ricavi che si prevede di realizzare ma anche dall’entità degli investimenti che si ha intenzione di sostenere e da un’oculata analisi dei costi e dell’attività da svolgere.
Accanto all’aspetto fiscale è opportuno valutare anche il lato contributivo. Anche in questo caso si deve distinguere se si è un professionista oppure un artigiano o commerciante. I professionisti, se iscritti ad un albo o ad un ordine, hanno l’obbligo di iscriversi alla propria cassa di appartenenza. Gli importi da versare variano in base alla Cassa previdenziale ma in genere sono previsti:
Se non è presente una cassa previdenziale, i professionisti rientranti in determinati codici ATECO hanno l’obbligo di iscriversi alla gestione separata INPS che prevede un versamento dei contributi proporzionale con un’aliquota che, generalmente, viene stabilita intorno al 26% sulla differenza tra costi e ricavi.
Artigiani e commercianti hanno una propria gestione dedicata presso l’INPS che prevede un contributo fisso di circa 4.500 euro indipendentemente dall’ammontare dei ricavi e fino a 18.415 euro circa di quest’ultimi. Tali contributi devono essere versati in quattro rate trimestrali. In fase di dichiarazione dei Redditi dell’anno successivo, se la differenza tra costi e ricavi supera i 18.500 euro circa è dovuto un ulteriore 24% circa sulla differenza.
Per la gestione artigiani e commerciati è possibile richiedere una riduzione del 35% circa dei contributi dovuti. In particolare, i contributi fissi ammonteranno a 3.000 euro circa mentre i contributi variabili in misura ridotta saranno circa il 15% degli importi superiori a 18.500 euro. La riduzione comporta una differenza nella maturazione del periodo di anzianità contributiva. Senza la riduzione, in un anno di attività vengono maturati 12 mesi di anzianità contributiva mentre nel secondo caso i mesi maturati saranno solamente 10.
In caso di attività artigiana ed a seconda del livello di rischio legato all’attività sarà necessario anche stipulare l’assicurazione obbligatori contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con l’INAIL. Tale assicurazione prevede un premio annuo che varia tra gli 82 euro ed i 1.450 euro.
Articolo davvero utile, finalmente una spiegazione chiara su un tema che spesso è trattato in modo troppo complesso. Grazie per aver reso il tutto più semplice e comprensibile!